lunedì 6 febbraio 2017

Tantì-La farinata di ceci

Buon pomeriggio amici followers,
oggi il mio blog è lieto di ospitare e presentare un brand conosciuto ed apprezzato sia nella GDO che nei negozi specializzati.


Tantì è un nome che le vecchie generazioni di Nizza Monferrato non possono non ricordare: era quel singolare personaggio, che vendeva la farinata nella vecchia cartapaglia, girando su una specie di triciclo coperto, riscaldato e facendo squillare una trombetta che lo rendeva riconoscibile a grandi e bambini.


Oggi Tantì sarebbe orgoglioso di avere dato il nome al primo preparato per farinata, brevettato perché il culto della «belecauda», così si chiama la farinata a Nizza Monferrato, è stato acquisito proprio dai nonni, ai tempi in cui si mangiava la farinata di «Tantì».


La farina di ceci è la principale protagonista di questa torta salata, denominata per l’appunto “farinata di ceci”, dalle radici antiche.La sua origine risalga al lontano 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia della Meloria. Le navi da guerra genovesi, al rientro in città, furono coinvolte in una tempesta che causò la fuoriuscita di olio da alcuni barilotti presenti nella stiva e di farina di ceci contenuta in sacchi. Entrambi si intrisero di salatissima acqua di mare, trasformandosi in una massa informe che ebbe però il merito di salvare i marinai dai morsi della fame.
Di fatto il miscuglio di ceci e olio fu recuperato e messo ad asciugare al sole nel tentativo di rendere gradevole, per quanto possibile, la purea. Si ottenne così un sorta di frittella che i genovesi decisero di cuocere in forno al fine di migliorare questa ricetta così improvvisata. Ne risultò un piatto inaspettatamente gustoso e dal sapore genuino, sebbene umile, che fu soprannominato “L’oro di Pisa” per scherno agli sconfitti.
Questo piatto, con alcune varianti, è entrato a far parte della cucina di diverse zone del Mediterraneo tra cui la Toscana, il Basso Piemonte, la Sardegna. Nel Livornese, per esempio, viene denominata “Torta di ceci” e consumata abitualmente insieme al pane.
Nella zona tra l’astigiano e il torinese ha dato vita ad un intenso commercio in cui viene comunemente chiamata “Bela Cauda”.

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